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Psicosomatica e Resistenze – 4 spunti integrativi

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Alcuni pazienti guariscono in fretta, altri no. Ognuno ha i suoi tempi e ogni caso possiede caratteristiche peculiari, eppure talvolta non ci si spiega come mai una situazione non evolva. Il professionista ha fatto e continua a fare del suo meglio e la persona sembra realisticamente molto motivata a risolvere la situazione.

Una volta il classico processo a cui venivano sottoposte queste situazioni era il seguente: una serie di analisi specialistiche sempre più approfondite per trovare il “cavillo” che causava il problema; accanimento su uno o più di questi cavilli; una sorta di rinuncia da parte della medicina “ufficiale” con lo slogan “sarà psicosomatico”; invio a un professionista della mente.

Questo tipo di approccio metteva ben in luce un paradosso: per curare un processo psicosomatico, ovvero di stretto rapporto tra mente e corpo, le scienze della mente e quelle del corpo erano totalmente divise. Anche nei relativi ambiti c’erano divisioni: una psoriasi poteva essere affrontata in modo diversissimo da un dermatologo piuttosto che da un uno specialista in reazioni allergiche; allo stesso modo uno psicologo ad orientamento psicodinamico avrebbe lavorato sull’inconscio mentre uno psicologo sistemico avrebbe lavorato sulle relazioni attuali. Tutti avevano ragione dal proprio punto di vista, ma tutti stavano perdendo una possibilità, soprattutto il paziente.

Oggi fortunatamente le discipline che si occupano di corpo e di mente si stanno riavvicinando e i diversi approcci teorici in ogni ambito accettano di non essere più “l’unico e il migliore” ma che hanno tutti qualcosa di buono e di utile, che conviene integrare e non dividere.

Personalmente credo molto nel potere di questa integrazione tra le scienze. Sono convinto che ogni medico, psicologo, osteopata, educatore, logopedista, operatore di medicine complementari e ogni altro professionista che si occupa della salute possa lavorare in modo più soddisfacente per sé e per i propri interlocutori se individua meccanismi di funzionamento della mente e del corpo (nella loro autonomia e nel loro stretto rapporto) che abbiano un senso comune per le diverse professioni, che costituiscano una sorta di linguaggio comune tra le discipline.

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Questo aumenta le possibilità di azione di ogni singolo professionista e lascia spazio a collaborazioni tra diversi specialisti in quegli ambiti dove ogni specifica formazione porta valore aggiunto. Entro i giusti limiti è utile che uno psicologo comprenda e possa agire su aspetti fisici di una cervicale, così come un fisioterapista può aiutare a comprendere gli aspetti emotivi che la generano.

A un primo livello d’azione possono fare molto: rimanendo nel nostro esempio lo psicologo può fornire riferimenti di autopercezione posturale e insegnare una tecnica di respirazione che facilita una corretta posizione della testa e delle spalle; d’altra parte il fisioterapista può chiarire i meccanismi di base che portano un’emozione a modificare la postura e invitare il paziente a trovare delle modalità diverse per gestire le proprie emozioni. Ovviamente questi interventi possono bastare solo in pochi semplici casi, ma sicuramente daranno un grado di comprensione maggiore e uno stato di benessere immediato nel breve periodo.

In tutti i casi in cui questo non basta sarà molto semplice agire in sinergia con altri professionisti che si potranno dedicare con i propri strumenti e conoscenze ad affrontare in modo adeguato tutte le componenti in gioco, gli aspetti traumatici, i fattori di complessità o di storicità. Quando questa sinergia professionale avviene ho sempre potuto riscontrare un aumento della qualità del lavoro sia del singolo professionista che dell’intervento integrato. Per i pazienti aumentano anche i vantaggi immediati e la facilità di poter approfondire con un altro interlocutore altamente professionale un discorso già cominciato, che è ben diverso dal “provi a vedere cosa le dice uno psicologo/endocrinologo/osteopata/ecc.

Quali sono le basi di questo linguaggio comune? Quali sono i concetti cardine che diversi professionisti possono conoscere per agire sull’unità corpo-mente? Quali sono i meccanismi che facilitano o bloccano i processi di cambiamento in modo trasversale ai diversi ambiti?

Con Real Way of Life ci dedichiamo da parecchio a questi temi, sia con ricerca diretta e applicazioni operative sia tramite review delle più recenti ricerche nelle diverse discipline. Abbiamo individuato alcuni temi che ricorrono spesso. Ve ne presento una sintesi di seguito.

La psicosomatica oggi è una scienza… ed è molto integrata

Un esempio arriva dai nuovi studi sulla sickness behavior, che evidenziano bene come la depressione, che una volta veniva letta solo in termini di biochimica mentale o di evento psicologico, sia un fenomeno complesso che lega questi aspetti anche al sistema immunitario e al livello di infiammazione sistemica. Non solo, vengono ribaltate vecchie convinzioni, per cui oggi è noto che i livelli di serotonina non hanno un rapporto mono-direzionale di causa-effetto con l’umore, ma che ci sono diverse modalità, processi e attori in gioco. Per fare solo uno degli esempi più lampanti: la maggior parte della serotonina viene prodotto dall’intestino e la sua produzione è influenzata dallo stato di salute dell’intestino stesso legato – direttamente – all’alimentazione e – indirettamente – agli eccessi di stress.

Come dicevo si tratta solo di un breve esempio illustrativo, ma diventa subito evidente che chi si occupa dell’umore potrà fare molto se conosce questi fenomeni e alcune modalità di intervento di base che siano efficaci ma senza rischi, oppure inviando al giusto specialista ma fornendo una chiave di lettura unificante e che creerà continuità per il proprio paziente.

La motivazione al cambiamento non parte dalla logica

Se la motivazione partisse dalla logica genitori e capi al lavoro non dovrebbero ripetere mille volte i motivi per cui vale la pena di fare qualcosa. Il problema è che l’adolescente o il dipendente demotivato si concentrano su “la pena” del discorso e non sul “vale”.

Non è tanto la forza di volontà a fare la differenza, ma il piacere che la può sostenere. I centri del piacere nel nostro cervello che si attivano quando mangiamo qualcosa di buono o abbiamo esperienze fisiche gratificanti sono gli stessi che ci portano a fare volontariato o a cooperare. Spesso per le persone con scarsa motivazione al cambiamento o che presentano quei fenomeni noti come “resistenze al cambiamento” è particolarmente efficace agire sui meccanismi di questi centri. La motivazione può sembrare irrazionale: consideriamo il fenomeno per cui tutte le persone dicono di non subire il fascino della pubblicità. Se fosse vero le aziende, che guardano al fatturato dopo ogni campagna pubblicitaria, avrebbero smesso di fare pubblicità. Nella relazione di cura i meccanismi sono sicuramente diversi da quelli di uno spot pubblicitario, ma i fattori motivanti di base delle persone sono gli stessi. È importante conoscerli e trovare il modo giusto per attivarli su aspetti costruttivi. Ad esempio chi si occupa di riabilitazione potrà trovare maggiore collaborazione nel far fare esercizi a casa tra una seduta e l’altra.

Fisiologia Vs Normalità

Spesso nella salute mentale e fisica si guarda alla normalità, cioè alla maggior parte della gente, eppure la maggior parte delle persone non è un buon parametro perché non vive in fisiologia: passiamo ore seduti in posizioni scomode, facciamo poca attività fisica, prestiamo tanta – forse troppa – attenzione alle norme sociali e a soluzioni di vita diffuse, ma non per questo soddisfacenti per noi. Per comprendere a fondo come le alterazioni della fisiologia impattino sul nostro benessere fisico e mentale abbiamo sviluppato l’idea dei Bisogni Ancestrali, ovvero quei bisogni che sono alla base del nostro sviluppo individuale e sociale, che ci accomunano agli altri mammiferi e che fanno parte del nostro processo evolutivo. Non soddisfare i Bisogni Ancestrali porta noi, come ogni animale, a non evolvere e non adattarci più. Costituiscono la nostra spinta a vivere, ma se vengono mancare non ha più senso andare avanti. È il fenomeno noto come impotenza appresa, se il soddisfacimento di un bisogno di base non può avverarsi in modo ripetuto e costante ci blocchiamo e ci lasciamo andare su tutti gli aspetti vitali.

Avere chiari quali meccanismi ci aiuta a comprendere dove la persona si può essere “bloccata” e, a seconda della situazione e delle proprie altre competenze professionali, ad agire in un modo o in un altro per aiutare il ripristino di un funzionamento fisiologico.

Il potere delle relazioni

Le relazioni possono influenzare e interagire con tutti i punti precedenti, ma non solo. Nella relazione si misurano l’accettazione, il proprio essere speciali, l’influenza sugli altri e altri aspetti importanti per il nostro benessere psicofisico. I cuccioli di tutti i mammiferi imparano i propri limiti e risorse nel gioco di lotta con i loro pari. In questo modo l’aggressività viene sperimentata e dosata in modo funzionale alle diverse situazioni. A parte rare eccezioni, noi umani abbiamo annullato questo tipo di esperienze e creato alternative più socialmente accettabili ma meno efficaci. Abbiamo bisogno quindi di altre modalità esperienziali per poter sviluppare padronanza emotiva e relazionale. Non è un caso che ci siano così tanti problemi nei rapporti gerarchici: per gli animali l’autorevolezza è basata sui fatti, la leadership è riconosciuta dagli altri e prevede prima il sacrificio, poi eventuali benefici. La maggior parte delle persone cercano tendenzialmente l’opposto.

Ogni relazione di cura è caratterizzata da un gioco di potere, quanto ne siamo consapevoli e quanto ci favorisce o penalizza?

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