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La sedentarietà fa male anche al nostro fegato. Un nuovo studio coreano mostra una associazione diretta tra la sedentarietà e la steatosi epatica non dovuta al consumo di alcol: anche il fegato di chi non eccede con le bevande alcoliche risente dell’immobilità prolungata diventando maggiormente esposto al rischio di accumulo di grasso. Questa condizione, chiamata steatosi epatica non alcolica (NAFLD) o fegato grasso non alcolico, è caratterizzata da un ampio spettro di lesioni dell’organo, aumenta il rischio cardiovascolare e in alcuni pazienti può anche evolvere verso patologie epatiche più gravi, attraversando una fase infiammatoria definita steatoepatite non alcolica (Non Alcoholic Steato-Hepatitis, NASH) fino alla fibrosi, alla cirrosi e al tumore.

Lo studio ha coinvolto oltre 140 mila coreani adulti, che sono stati monitorati per un periodo di 33 mesi, registrandone il tempo speso seduti e l’attività fisica compiuta, lo stile di vita e lo stato del fegato.  I ricercatori hanno così riscontato un legame tra le ore trascorse seduti e la prevalenza della NAFLD. Tale associazione è stata osservato anche nei pazienti coreani tutt’altro che sovrappeso, ma con un indice di massa corporea inferiore a 23.

“Il messaggio è chiaro: le nostre sedie ci stanno lentamente uccidendo”, ha affermato il professor Michael Trenell dell’Institute of Cellular Medicine dell’Università di Newcastle nel Regno Unito e autore dello studio. “Il nostro corpo è fatto per muoversi e non è dunque sorprendente che la sedentarietà, caratterizzata da una ridotta attività muscolare, abbia un impatto diretto sulla fisiologia. Data la scarsa disponibilità di terapie farmacologiche, i cambiamenti nello stile di vita sono, al momento, il cardine del trattamento. La nostra sfida è ora di alzarci e muoverci per la NAFLD, sia fisicamente che metaforicamente”.

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) ha un’incidenza del 20-25% nella popolazione italiana generale, ma sale fino anche al 90% nei soggetti obesi, e ne soffrono dal 15 al 25% dei bambini. Secondo le stime è la causa più frequente di malattia cronica epatica.

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