Quali #emozioni fanno #ingrassare ?
È opinione diffusa che il cibo non sia soltanto un mezzo di nutrimento. Il nutrirsi, il mangiare e, di conseguenza, il cibo risultano indissolubilmente connessi con l’emozione e molto spesso sono influenzati da determinate situazioni emotive. Dopo tutto è un’attività che assorbe una certa quantità di tempo e i pasti sono un punto di riferimento importante nella nostra giornata. Abbiamo passioni forti nei confronti dei cibi che ci piacciono o non ci piacciono. Socializziamo e festeggiamo tramite il cibo. Nessuno, virtualmente, può essere del tutto distaccato o emotivamente indifferente al mangiare.
Esiste dunque un legame importante tra alimentazione ed emozioni. Anche se questo rapporto può sembrare ovvio, solo recentemente è stata determinata l’evidenza scientifica di tale relazione. Numerosi studi e ricerche hanno dimostrato che molte emozioni sono strettamente collegate con l’alimentazione: l’ansia, la depressione, la noia, la
solitudine, la rabbia, lo stress.
È anche vero che le emozioni giocano un ruolo importante nella maggior parte dei disturbi del comportamento alimentare, ma in genere non ne costituiscono l’unica causa. Possono essere coinvolte altre variabili come i fattori ereditari, le scelte gastronomiche, il numero e le dimensioni delle cellulose adipose, le abitudini alimentari, l’attività fisica e il movimento svolti o problematiche più profonde e complesse.
Per approfondire la relazione tra alimentazione ed emozioni si possono prendere in esame alcuni fattori, quali: la nutrizione, le esperienze evolutive della personalità, i legami familiari, i rituali culturali.
Correlazione tra emozioni e la serotonina
Alcune persone, definite “avide di carboidrati”, sono soggette a irascibilità, agitazione, noia ed apatia, in conseguenza al basso livello di serotonina nel cervello. La serotonina è una sostanza chimica che funge da neurotrasmettitore. Si trova nelle sinapsi, cioè i nodi di scambio tra le cellule nervose, ed è implicata nella sequenza di eventi che si verificano ogniqualvolta il cervello esamina le informazioni o controlla una qualunque funzione dell’organismo.
Quando il cervello sta attivamente usando la serotonina, le sensazioni di stress e tensione vengono alleviate e viene
aumentata la capacità di concentrazione. Nella maggior parte delle persone i livelli di serotonina nel cervello tendono a rimanere stabili nel corso della giornata. In alcune persone invece i livelli si abbassano in alcuni momenti del giorno, portando a stati di agitazione, di nervosismo, di tensione.
Talvolta la tranquillità e il senso di benessere possono essere recuperati con uno spuntino. Il regime dietetico può contribuire a mantenere in equilibrio il livello della serotonina. Alcuni alimenti possono alterare lo stato emotivo: un pasto ricchi di grassi rallenta l’attività cerebrale e fa sentire assonnati e irascibili; lo zucchero e la caffeina in alcune persone possono causare stanchezza, malumore e nervosismo, mentre in altre persone si verifica il contrario. Le
ricerche non hanno ancora chiarito completamente il ruolo giocato dalla nutrizione in riferimento alle emozioni. È certo tuttavia che le scelte alimentari influiscono sul nostro stato d’animo, probabilmente associate ad altri fattori risalenti alle fasi evolutive della nostra personalità.
Ruolo dell’alimentazione nell’infanzia
È quasi un luogo comune quello di riferire certi modelli alimentari ad esperienze avute
durante l’infanzia. Secondo la spiegazione psicoanalitica i bambini imparano a conoscere il mondo usando la
bocca. A causa del contatto fisico, delle coccole e della gratificazione che si verifica mentre il bambino viene alimentato, si sviluppa un’associazione tra amore, nutrimento, mangiare. Se la crescita procede normalmente, le esperienze del bambino si espandono e queste piacevoli attività diventano parte di una vasta gamma di attività sensoriali gratificanti.
La maggior parte delle persone adulte gradisce ancora le attività che riguardano la bocca: mangiare, baciare, parlare, anche se in genere nella vita subentrano altri piaceri.
Cibo come fonte di sostegno emotivo
Se l’ambiente è meno favorevole, il bambino può crescere incapace di sviluppare altre fonti di gratificazione e, da adulto, si appoggerà al cibo come se fosse la primaria, o l’unica, fonte di sostegno emotivo. Tuttavia questa spiegazione mostra alcuni limiti, non spiegando ad esempio perché certe persone con questo tipo di problematica usano manifestazioni diverse, come fumare, bere, parlare in continuazione.
Numerosi studi e ricerche dimostrano infatti che anche altri fattori entrano in gioco nel processo di formazione della personalità. All’interno delle interazioni familiari il cibo può essere usato dal figlio per resistere al controllo dei genitori, per stabilire la propria indipendenza e, in alcuni casi, per avere il controllo su di loro. Se un bambino o una bambina impara che il fatto di mangiare o di non mangiare è la sua unica fonte di potere, il suo unico modo di esprimere sentimenti normali o l’unica maniera per stabilire una certa indipendenza, è probabile che da adulto viva l’assunzione di cibo direttamente collegata ad una forte reazione emotiva.
Cibo e le relazioni sociali
Anche l’uso del cibo per dare dei premi (del tipo: “se fai il bravo, puoi mangiare il dolce”) o delle punizioni (rimproveri del tipo: “devi mangiare tutto, altrimenti non esci”) può mettere in relazione il cibo con l’affetto, la relazione, l’immagine di sé, con diversi rischi per un equilibrato rapporto con l’alimentazione. Molte abitudini alimentari possono essere considerate come una questione di cultura, un prodotto dei codici di comportamento e del sistema di relazioni sociali. Molti eventi importanti della vita implicano rituali sociali che includono il cibo, come ad esempio i compleanni, le ricorrenze religiose, una festa particolare, un matrimonio, una promozione sul lavoro.
Dall’altra parte si rileva come la mancanza di esperienze gratificanti, di divertimento, di piacere o di sentimenti felici, crea un vuoto significativo. Di solito nasce la sgradevole sensazione di qualcosa che manca, accompagnata da tentativi di riempire il vuoto con il cibo.
Il cibo come gratificazione emotiva
Quando le sensazioni piacevoli non derivano dagli impegni e dalle relazioni della vita quotidiana, la persona che ne è privata spesso tenta di procurarsele in altra maniera. Mangiare è probabilmente uno dei modi più facili per procurarsi le emozioni positive, che altre attività della vita quotidiana non offrono: è una cosa facile e quasi sempre disponibile, non richiede l’approvazione o l’aiuto di qualcun altro, non necessariamente richiede preparazioni lunghe e laboriose (specialmente per gli spuntini). In altre parole, si riesce ad avere quel che si vuole quando si vuole.
Considerato da questo punto di vista, mangiare è probabilmente il modo più efficiente e produttivo di gratificarsi, anche se, come sappiamo, può comportare delle conseguenze non sempre positive per la persona: l’aumento di peso, il senso di colpa, la rinuncia a cercare altre forme di gratificazione.
Un sano equilibrio personale può instaurare un positivo rapporto con il cibo, se non viene considerato come la prevalente o l’unica fonte di gratificazione personale. Si possono individuare sicuramente anche altri metodi per gratificare se stessi, come lo sviluppo di abitudini e di atteggiamenti autogratificanti.
Anche l’ansia e la solitudine possono essere collegate al cibo.
Tra tutte le emozioni, l’ansia è quella che da più tempo è stata associata all’alimentazione, anche se gli studi negli ultimi anni hanno portato a nuove conclusioni. Se fino a trent’anni fa si pensava che l’ansia intensa venisse ridotta mangiando, studi più recenti hanno dimostrato che quando si conosce la causa dell’ansia e ci si sente in grado di controllarla, non si avverte il bisogno di mangiare. È utile pertanto identificare la fonte dell’ansia e quindi sviluppare delle tecniche per ridurla senza ricorrere al cibo: le tecniche cognitive, le tecniche di rilassamento, o nei casi più
complicati una psicoterapia.
Oltre all’ansia, anche la noia e la solitudine spesso sono associate ad un disequilibrio alimentare.
Diversamente dall’angoscia e dalla rabbia, caratterizzate da una intesa attivazione fisiologica, la noia è generalmente associata a stimoli fisiologici minori, se non del tutto inesistenti.
Non è difficile controllare la fame causata dalla noia, anche se ci vuole un po’ di organizzazione: è probabile che sia necessario impegnarsi per pianificare qualche attività interessante.
Prima di esaminare gli effetti sull’alimentazione, è utile esaminare in misura obiettiva la propria esperienza di solitudine. Frequentemente ci si vergogna ad ammettere la propria solitudine.
Dato il peso che la società attribuisce al fatto di essere persone estroverse e popolari, può essere difficile o imbarazzante riconoscerlo, quando non si hanno molti rapporti sociali o quando tali rapporti sono comunque superficiali e insoddisfacenti. Di conseguenza alcune persone possono non essere consapevoli della propria solitudine oppure considerarla in termini erronei.
Altri problemi, come l’abuso di alcool o altre sostanze, possono mascherare il disagio che una persona prova a
causa della mancanza di relazioni profonde. Nella stessa maniera in cui mangiare può sedare la spiacevole sensazione dell’ansia, può anche ridurre il malessere interiore e l’inquietudine della solitudine.
Anche la rabbia repressa può avere uno stretto collegamento con l’alimentazione.
In alcune persone il mangiare o il rifiuto di mangiare vengono considerati come un mezzo per gestire la rabbia repressa che non riescono ad esprimere. Così mangiare assolve a due funzioni: esprime indirettamente la rabbia e previene l’aperta manifestazione della collera grazie alla copertura del cibo. Ecco perché molte terapie hanno come obiettivo quello di far riconoscere al propria rabbia imparando ad esprimerla in forme costruttive.
Molti sono dunque i collegamenti tra cibo e sentimenti, a volte positivi altre volte distruttivi.In ogni caso il raggiungimento di un personale equilibrio alimentare è strettamente unito ad un equilibrio della personalità nei suoi vari aspetti.
Il nostro corpo ci parla sempre, spesso urla in silenzio per attirare la nostra attenzione e per guidarci verso la strada del nostro benessere, inteso come uno “stato dell’essere” profondo e non solo superficiale.
Perché accontentarci se possiamo avere il meglio? Conoscere noi stessi e anche gli alimenti ed il loro effetto energetico su di noi ci porta ad essere liberi di scegliere in base ai nostri bisogni reali. Se portiamo equilibrio e chiarezza nella nostra mente anche le nostre scelte alimentari si modificheranno perché saranno meno influenzate dai condizionamenti emotivi o inconsci.
Possiamo imparare ad usare le nostre capacità, le nostre risorse, la nostra intelligenza, la nostra sensibilità per costruire e migliorare la nostra realtà.