1. Il dolore vertebrale
Il dolore vertebrale Responsabile della trasmissione del dolore nelle affezioni alla colonna vertebrale è un vasto sistema di sottili nervi, che dipartono dai corpi vertebrali, si diramano nei legamenti e si estendono ai dischi. Per produrre un impulso doloroso, è necessario che si determini una stimolazione adeguata dei nocicettori ovvero dei recettori del dolore. Tale stimolazione può avvenire o per irritazione chimica o per deformazione meccanica. C’è da aggiungere che quasi sempre il dolore vertebrale si presenta come il risultato di stimolazione nocicettiva chimica e meccanica abbinate e che interagiscono in modo molto stretto. Le strutture del rachide che se malsollecitate possono evocare il dolore sono: il disco intervertebrale, i corpi vertebrali, le articolazioni apofisarie, le strutture muscolo-legamentose, la dura madre (involucro meningeo esterno del sistema nervoso centrale ), i plessi venosi. Zona particolarmente sensibile dell’unità vertebrale è il forame intervertebrale. Il forame intervertebrale è un breve canale delimitato dalla faccia posteriore del corpo vertebrale, dalla apofísi articolare superiore e inferiore di due vertebre adiacenti e da una parte del disco vertebrale. L’altezza del disco vertebrale determina la grandezza del forame intervertebrale e quindi l’ampiezza del piccolo canale. Questo fatto unicamente alla formazione di escrescenze ossee negli adiacenti corpi vertebrali ed in seguito a processi morbosi con compromissione articolare per irritazione di piccoli nervi e per compressione delle radici nervose che passano nel canale vertebrale può determinare la comparsa dei dolori. Possono verificarsi pure malformazioni nella struttura della colonna vertebrale che possono favorire processi morbosi come una sovradistensione acuta o cronica dei legamenti e un carico eccessivo della muscolatura. La descrizione fin qui fatta è sufficiente per poter capire la dinamica dei processi morbosi. I possibili effetti di disturbi di tipo patologico del disco sul sistema nervoso risultano evidenti quando i dischi che poggiano sulle superfici dei corpi vertebrali vengono visti in relazione al midollo spinale e, nel tratto lombare della colonna vertebrale, alle fibre nervose che scorrono nel canale e alle radici spinali che emergono dal canale stesso. Diversi portamenti e posizioni dell’uomo causano notevoli variazioni di pressione, soprattutto nel nucleo polposo dei dischi. Le cause del dolore vertebrale Le cattive posture Una posizione scorretta della testa influenza la curvatura cervicale. Un atteggiamento viziato del bacino determina degli aggiustamenti sul tratto lombare. Se il braccio non si muove liberamente, la zona dorsale è costretta a compensare in modo non fisiologico piegandosi di lato. La colonna presenta delle curve che conferiscono alla spina dorsale una resistenza maggiore rispetto ad una colonna rettilinea e rigida. Le curve permettono di assorbire le sollecitazioni subite durante i movimenti quotidiani. Quando però le ampiezze delle curve fisiologiche aumentano eccessivamente, oppure si annullano, i dischi intervertebrali vengono sollecitati a sopportare carichi la cui entità può provocare la degenerazione dei tessuti che li compongono. Per salvaguardare la salute della schiena è fondamentale conservare, durante le attività quotidiane, le ampiezze delle curve rachidee nella norma e praticare, tramite cambiamenti di postura, una costante variazione di carico. Queste due condizioni purtoppo si scontrano con le abitudini consolidate dalle moderne attività lavorative, dai lunghi spostamenti in auto, dalle ore trascorse davanti alla televisione, tutte situazioni che costringono le persone a rimanere immobili nella posizione seduta o in quella eretta per un numero elevato di ore. A questo proposio è necessario affermare che le posture fisse sono considerate dagli studiosi del settore come fattori a rischio per l’insorgenza di patologie al rachide. Il meccanismo pressorio che permette l’assunzione di sostanze nutritizie da parte dei dischi intervertebrali necessita per il suo funzionamento di periodi di carico alternati a periodi di scarico. Quando si assumono per molto tempo posture fisse, tale meccanismo viene compromesso e il naturale metabolismo del disco viene alterato. Di conseguenza le fondamentali funzioni di ammortizzazione vengono meno con il rischio dell’instaurarsi di un processo degenerativo dalle conseguenze particolarmente dannose. Infatti, nel perdurare delle condizioni sopracitate, le sollecitazioni si accentuano sui bordi dei corpi vertebrali, i quali reagiscono con la formazione di becchi ossei, fenomeni caratteristici della spondiloartrosi. Anche le cartilagini delle superfici articolari delle vertebre operando in queste condizioni vanno incontro a degenerazione: siamo in presenza della caratteristica artrosi. L’usura del disco incide sulla capacità del tessuto fibroso di trattenere il nucleo polposo fino a formare un rigonfiamento posteriore (protusione discale) che può comprimere il midollo spinale e le radici nervose. Se non si prendono opportuni provvedimenti la degenerazione del disco prosegue fino alla fuoriuscita del nucleo polposo attraverso le fibre cartilaginee del disco (ernia discale). Sollevamenti di pesi eseguiti in modo scorretto uniti ad una situazione degenerativa in corso possono rappresentare la classica “goccia che fa traboccare il vaso” e determinare l’ernia discale. Come il poco movimento può far male anche l’eccesiva attività fisica è in grado di generare disturbi a carico del rachide specialmente se unita all’utilizzo di pesi considerevoli. Alcuni studi in medicina del lavoro hanno rivelato che alcune professioni, quelle che implicano sollevamenti e trasporti dei pesi, possono incidere notevolmente sulla salute della schiena. La moderna scienza ergonomica interviene proprio per regolare le attività in modo da ridurre gli sforzi sulla spina dorsale. L’utilizzo di attrezzature studiate per eliminare o ridurre al minimo i carichi e lo sviluppo di una efficace educazione posturale sono sicuramente le azioni necessarie per esercitare una efficace attività preventiva. Riassumendo, i principali fattori di rischio posturali sono: * postura seduta fissa, mantenuta cioè per alcune ore durante la giornata e in modo particolare quella assunta nella guida di automezzi; La debolezza muscolare Il peso eccessivo Il sovrappeso incide particolarmente sulla salute della schiena. Il peso in eccesso esercita maggiori pressioni su tutte le articolazioni del corpo. Questo comporta oltretutto una sollecitazione anomala delle strutture muscolari e tendinee che a livello della spina dorsale può voler significare sovraffaticamento e incapacità di mantenere l’allineamento delle singole vertebre. A questa situazione si aggiunga poi che nella maggior parte dei casi il peso in eccesso si concentra soprattutto nella zona addominale provocando uno spostamento del baricentro e un’ulteriore pressione dei dischi intervertebrali della parte inferiore del rachide. In questi soggetti la muscolatura addominale quasi sempre si presenta debole e quindi insufficiente a sostenere adeguatamente la massa addominale. Tra l’altro le maggiori dimensioni dell’addome condizionano la corretta inclinazione del bacino, elemento meccanico fondamentale per sorreggere adeguatamente la zona lombare. Ne consegue che i dischi e le articolazioni vertebrali sono costrette a sopportare continuamente carichi deleteri per la loro salute. Non sempre poi le attività sportive che vengono praticate per ridurre il sovrappeso sono esercitate con criteri idonei e sotto la sorveglianza di personale qualificato. In questo modo una attività svolta con la finalità di risolvere i propri problemi potrebbe, all’opposto, contribuire ad aggravare la situazione. Altre cause * le deformità congenite;
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