Tutta l’attività e i disturbi psicosomatici possono essere facilmente compresi sulla base di un modello olistico che abbiamo chiamato Cyber.
Cyber è un modello di essere umano molto semplice, che possiamo raffigurare come una sfera (un campo di energia-informazioni) con un punto di luce interno (che simbolizza la coscienza); con questo modello tridimensionale cerchiamo di rappresentare ciò che non è rappresentabile (la coscienza è impalpabile, non esiste a livello sensoriale come estensione di tipo fisico).
Noi ci sentiamo di fatto una unità di coscienza, una sfera di informazioni coscienti, di energia intelligente e sentiamo di avere più o meno, non sempre, un centro interno di autoconsapevolezza che chiamiamo Identità, Io, Soggettività.
Nella tradizione del pensiero occidentale è sempre stata presente una separazione tra il corpo fisico, la materia, e l’anima immateriale.
Durante questo corso cercheremo di superare questa dicotomia e di lavorare sull’unità, per riuscire a sentire dentro di noi l’Uno, l’energia unitaria; infatti noi siamo costituiti da una sola entità, formata da mille pezzi, frammenti, che sono comunque uniti tra loro.
E nel momento in cui realizziamo dentro noi stessi questo tipo di consapevolezza, cioè ci sentiamo veramente uno, uniti, unici, riusciamo a vedere anche l’universo stesso come Unità, riusciamo a vedere tutto ciò che ci circonda, dalla politica alle televisioni all’arte alla filosofia all’estetica ecc., in maniera unitaria, globale. Dentro di noi si è venuto infatti a creare questo punto, questa coscienza come nucleo che ci permette di unificare il reale, e possiamo così sperimentare che fino a quando non realizzeremo al nostro interno questa esperienza unitaria, il mondo esterno continueremo a vederlo frammentato, pieno di divisioni, di contraddizioni e di conflitti.
Quando ci sono tante parti in gioco, lì sorge automaticamente il conflitto: dobbiamo scegliere tra una cosa e un’altra e decidere quale sia la migliore.
Ma nel momento in cui una persona entra in contatto profondo con sé stessa tanto da sentire tutte le sue varie parti, che magari in quel momento sono in conflitto (ciò che si pensa sia bene o male per sé stessi), può bilanciare queste parti se riesce a vederne il processo unitario che le informa, improvvisamente anche nel mondo esterno comincerà ad osservare il processo di sintesi, di unificazione di tutto il reale.
Energia uguale informazione – unificare materia e spirito
La strategia che utilizzeremo per questo processo di unificazione è quella, molto semplice, di considerare ogni energia un’informazione.
La scienza è tutta costruita su un concetto di energia che è quantificabile, ha un’estensione (è la “Res Extensa” di Cartesio). Noi partiamo da un’altra prospettiva: l’altro polo della realtà è l’informazione, che sin dall’inizio della cibernetica è stata definita come priva di massa e priva di energia; noi uniamo le due prospettive e diciamo che ogni energia è un’informazione, ogni informazione ha in qualche modo un veicolo energetico, per quanto sottile esso sia. Quindi tutto il nostro corpo è un’energia informata intelligente.
Informazione significa che ci deve essere una coscienza che ne percepisce il senso, un’informazione senza una coscienza infatti è come qualcuno che scrive una lettera senza essere un soggetto, manca il soggetto, mentre chi scrive o riceve un messaggio deve essere una coscienza. Questo modello ci riporta quindi sempre a noi, alla coscienza che percepisce le cose. Cyber è il conoscitore.
Sentire significa quindi avere coscienza delle informazioni, di quelle che vengono dal corpo e che sono vive, e di quelle che arrivano dall’esterno, tutte comunque dirette ad una coscienza viva e intelligente, informazioni che continuano a circolare in un unico flusso.
La circolazione delle energie e delle informazioni
Il modello che usiamo per evolvere in questo ciclo di sette seminari, sui sette chakra, è quindi quello della circolazione delle energie, che è poi la circolazione delle informazioni.
Se nel corpo le energie si fermano, si fermano anche le informazioni e se si fermano prima le informazioni, si fermano anche le energie. Se nel proprio circuito di evoluzione psichica, mentale, si ha ad un certo momento uno stop, per esempio all’età dello sviluppo una serie di informazioni che arrestano il processo spontaneo di crescita del bambino che sta entrando nella sfera sessuale, processo che si sviluppa anche mentalmente come attenzione, desiderio ecc., se lì quindi si costituisce un blocco, allora anche nella parte del corpo corrispondente a quelle informazioni ci saranno delle energie bloccate. Oppure se prendiamo un bambino e per un anno lo teniamo fisicamente isolato, constatiamo che questa semplice costrizione fisica può creare un enorme arresto di informazioni a livello mentale.
Quindi tutte le persone che nella loro infanzia hanno avuto un tipo di educazione forzata hanno subito un blocco delle informazioni, e della consapevolezza, fortissimo, che non permetteva più loro una fluidità di movimenti nel corpo, corpo che non riusciva a riacquistare in seguito un’adeguata naturalezza.
Allora, sia partendo dal corpo fisico, sia lavorando via via sui corpi più sottili, sulle emozioni, sulla mente e sulla spiritualità, continueremo a lavorare con questo concetto di circolazione di energie e di informazioni.
Ogni blocco infatti, come diceva giustamente Reich che è stato il padre della psicosomatica in Occidente, accade per un’interruzione del normale flusso energetico informatico. Quando un’energia vuole salire o comunque muoversi da un punto ad un altro, se riusciamo ad arrestarla creiamo una dicotomia e quell’energia spontanea che stava crescendo viene fermata. Reich per indicare questo processo disegnava due frecce: al posto della freccia originaria unica, che rappresenta la nostra unità, veniamo ad avere due frecce, e quindi un conflitto, due frecce che ad un certo momento vanno in conflitto tra di loro; se per es. abbiamo bloccato la sessualità, avremo una parte di noi che dice “voglio sesso” e un’altra che dice “non puoi”, e queste due parti in opposizione creano il conflitto. Se però noi riusciamo ogni volta che viviamo un conflitto a risalire al punto originario che lo crea, là dove l’energia si è divisa, riusciamo ad entrare profondamente dentro di noi e a ritrovare questa matrice unitaria: in quel momento le divisioni diventano solo divisioni del ricordo, non più della realtà, noi allora nella nostra realtà non siamo più nella separazione, siamo nella unità, e le energie cominciano a scorrere di nuovo.
Ogni tipo di attività che viene esercitata sull’essere umano coinvolge la totalità dell’essere umano, quindi sappiamo che se influenziamo il corpo fisico arriveremo lentamente o velocemente, a seconda di quanto lo stiamo influenzando e di come, arriveremo ad influenzare le sensazioni, le emozioni, la mente; o, viceversa, se influenziamo la mente, piano piano arriveremo ad influenzare o addirittura a bloccare il corpo fisico. Dunque qualsiasi tipo di attività, quando viene fatta con questo tipo di consapevolezza, diventa olistica.
L’essere umano come ologramma
Tutta la medicina olistica nasce da questo semplice presupposto: che ogni parte del nostro essere è un ologramma del tutto.
L’ologramma è un sistema per prendere informazioni attraverso un fascio laser, per cui se noi proiettiamo su una lastra olografica un fascio laser abbiamo un’immagine tridimensionale. Con il termine “olografico” in realtà non si intende tridimensionale, si intende che nella lastra olografica qualsiasi frammento della lastra contiene tutta l’immagine. Quindi ogni punto dell’ologramma contiene la totalità, quindi ogni parte del nostro essere è in qualche modo così profondamente connessa alla totalità di noi stessi, che possiamo influenzare attraverso un punto la totalità, oppure la totalità può influenzare il punto.
Lo strumento di crescita che utilizzeremo nella nostra ricerca è quello della consapevolezza.
La consapevolezza come strumento di guarigione e di crescita
La consapevolezza è una sorta di attenzione, che può essere focalizzata, e allora parliamo di concentrazione, che può essere dilatata e allora parliamo di contemplazione, e che può essere infine lasciata completamente aperta, senza soggetto-oggetto, dove si diventa consapevoli della consapevolezza, e allora parliamo di meditazione.
Quindi se noi focalizziamo l’attenzione, diventiamo consapevoli di un unico punto (per esempio di una capocchia di uno spillo). Oppure possiamo dire che sentiamo la bellezza di un certo posto, sentiamo la natura intorno a noi, tutti gli elementi, l’aria, il vento, la terra, e restiamo così in contemplazione, in uno spazio dilatato, e la consapevolezza è come se fosse a 360 gradi e accoglie e porta le informazioni attraverso i sensi al nostro centro di coscienza, che è lì ad ascoltare. Oppure possiamo entrare nel terzo stato, che è la Meditazione, in cui la coscienza non ha oggetto, perché qui l’attenzione è totalmente defocalizzata, non c’è oggetto, e dato che quando noi abbiamo un oggetto ovviamente dobbiamo essere un soggetto, nel momento in cui non c’è più oggetto non c’è più neanche soggetto, nel momento in cui la meditazione accade non c’è più un “io sento” ma c’è un sentire, non sono io che sento i suoni bensì le mie orecchie sentono i suoni, non è più presente quindi il rapporto soggetto-connessione informatica-oggetto: qui è solo il suono a passare.
Nella Meditazione il Soggetto, l’Io scompare, e la coscienza si espande, diventa universale, non è più focalizzata sulla nostra identità.
La consapevolezza la possiamo quindi utilizzare in queste tre maniere. Consapevolezza che noi abbiamo esercitata in tutto il nostro processo educativo sempre verso l’esterno, cioè abbiamo avuto purtroppo in Occidente un tipo di educazione che ci ha portato ad osservare esclusivamente l’esterno, che cosa avviene fuori di noi, che colori ha questa foglia, come è fatto questo tavolo, quale è la formula matematica di quella sostanza chimica, in ogni caso le nostre reazioni sono sempre in relazione all’esterno. Nella nostra educazione manca infatti totalmente un principio di base che è il principio della autoconsapevolezza, della autoconoscienza.
Se chiudiamo gli occhi e ci guardiamo dentro, non vediamo niente all’inizio. Dentro di noi troviamo solo una vaga serie di sensazioni molto generiche, sensazioni dei sensi, del tatto, dell’udito ecc., ma non siamo stati abituati a prendere coscienza del nostro mondo interno, e soprattutto ci hanno insegnato che tutte le sensazioni che abbiamo sono in qualche modo fisiche, materiali, del tipo “mi fa male una gamba perchè c’è una spina”, e quindi mi arriva attraverso un nervo un’informazione che si chiama dolore.
Se noi invece interpretiamo tutta la materia, che è fatta di energia, come informazione, abbiamo un universo che di colpo viene trasformato in un universo intelligente. Allora qualsiasi emozione, sensazione del nostro corpo diventa un’energia viva, energia intelligente, che circola nel nostro organismo.
La coscienza del proprio stato globale
Piano piano, attraverso una serie di tecniche che faremo, prenderemo molta consapevolezza proprio dello stato interno del nostro essere e delle energie del nostro corpo, cominceremo a percepire le varie zone dei chakra, o anche a vederle visivamente come colori, magari solo come chiaro/scuro, freddo/caldo ecc., e progredendo nel lavoro questo processo di consapevolezza e di percezione interna si svilupperà e, dato che tutta questa è energia, questa consapevolezza delle energie interne ci darà la possibilità di guarirci. Se infatti siamo così sensibili da percepire un blocco di energia prima che questo avvenga noi abbiamo anche la possibilità di bloccare la malattia al suo sorgere, e attuiamo così un processo di prevenzione.
Il concetto di energia non è sufficientemente chiaro: le energie le possiamo immaginare come correnti elettromagnetiche di cui tutto il corpo è pervaso, e lo stesso cervello funziona attraverso correnti ellettromagnetiche, il cuore batte attraverso un impulso elettromagnetico, la pelle, gli organi funzionano attraverso uno scambio di impulsi, correnti, messaggi elettromagnetici.
Benveniste, famoso per le sue ricerche scientifiche sulla memoria dell’acqua, ha fatto una serie di sperimentazioni provando a verificare il tipo di reazione che hanno i globuli bianchi ad una sostanza omeopatica dove non c’è più materia, dove c’è solo l’imprinting della materia; invece di dare una dose omeopatica ai globuli bianchi per farli reagire come se si trattasse della sostanza vera, nell’esperimento Benveniste ha preso la sostanza e attraverso un filo elettrico ha mandato la frequenza elettromagnetica di quella sostanza ai granulociti, e questi hanno degranulato, hanno reagito. Quindi al di là della forma fisica chimica noi abbiamo una forma elettromagnetica che è quella che trasmette il grosso dell’informazione.
Ogni energia elettromagnetica è formata da fotoni, è un’energia luminosa, e noi di questa energia elettromagnetica vediamo solo una piccola banda di luce che è la finestra ottica, tutto il resto delle infinite bande elettromagnetiche è costituito invece da frequenze di fotoni o troppo corte o troppo lunghe, per cui il nostro occhio non le vede; ma il nostro occhio interno le può vedere.
Abbiamo fatto numerosi esperimenti con dei sensitivi e delle sensitive: per es. immettendo un certo tipo di corrente dentro il corpo di una persona essi potevano notare un certo tipo di colore, oppure le sensitive vedevano il flusso della corrente nel corpo come flusso di colori, e quindi si è constatato che la corrente elettromagnetica vicino alla finestra ottica possiede proprio questa caratteristica di poter essere vista con una attenzione diversa dell’occhio.
Questo tipo di consapevolezza e di visione interiore più sensibile è quello che dovremo sviluppare. Alcuni vivranno questa capacità attraverso una sorta di vista interiore, altri attraverso una sensazione interiore, cioè la sentiranno, altri ancora la intuiranno, ma l’importante non è qui tanto il “come” (ognuno infatti ha una sua propria caratteristica sensoriale) quanto che tutti si riesca a percepirla. Ci sono persone che il primo anno non la sentono, mentre il secondo anno riescono a risvegliare questa energia, e altre ancora più aperte che riescono a percepirla già dalla prima volta abbastanza bene.
La nostra società è nata e vissuta nel concetto di dualità, nel concetto di conflitto, di separazione, per cui noi abbiamo imparato questa separazione sin dalla nascita, e tutta la cultura che ci è stata trasmessa è stata basata proprio sulla divisione.
Da ciò deriva una serie enorme di blocchi alla nostra energia, mentre se la nostra società fosse stata più unitaria nella sua struttura noi saremmo qui in questo momento a vivere con totalità, con gioia, con totale fluidità energetica e con coscienza l’esistenza. Questo invece non avviene perché in varie zone della nostra mente e delle nostre energie fisiche abbiamo una grossa serie di chiusure. Lavoreremo quindi, soprattutto nei primi tre seminari, sulla parte negativa di noi stessi.
E’ la parte negativa che ci serve, dobbiamo proprio arrivare a capire dov’è, come lavora e come è nata questa parte oscura che abita in noi. Dobbiamo riuscire a sciogliere il principio di paura che è insito nel nostro corpo.
Il primo chakra – discorso sul primo livello psicosomatico
Il primo chakra è la radice dell’albero neuropsichico dell’essere umano.
Il primo chakra è il centro del corpo fisico e dell’intelligenza degli atomi che lo compongono e lo animano.
A livello esoterico le medicine sacre ritengono che il primo chakra fosse il centro energetico da cui dipende il primo livello psicosomatico, costituito dalla zona del coccige, dall’ano, dalla prostata per gli uomini, dall’ultimo pezzo del colon, connesso con i reni, la colonna vertebraleinferiore e tutta la parte posteriore delle gambe.
I blocchi di questo centro diventano poi blocchi nell’articolazione del bacino, delle gambe, blocchi alle ginocchia (poi c’è anche tutta una serie di blocchi più complessi che vedremo in seguito).
La paura
Il primo chakra è ritenuto la sede della paura. L’attuale sistema di educazione famigliare e scolastica è basato sulla paura.
A livello psicoenergetico i blocchi del primo chakra, sono da ricondurre alla paura e ai reni (ghiandole surrenali). Le surrenali producono molti ormoni, tra cui l’adrenalina, la noradrenalina, ormoni che gestiscono lo stress e il rilassamento, la tensione, la paura, la fuga. Lo stimolo negativo di paura è soprattutto di paura fisica, la paura psichica emozionale viene infatti successivamente: un bambino per es. può essere bloccato nelle sue azioni solo da una paura fisica perché una paura psichica emozionale non è sufficiente ad arrestarlo, il bambino è scatenato e quindi è “impermeabile” alle parole, bisogna fermarlo fisicamente; allora possiamo bloccarlo con un piccolo gesto che non sia inibitorio ma sufficiente ad arrestare la sua azione e così gli diamo un impulso come gli verrebbe dato comunque dalla natura (qualsiasi cucciolo che girando nel mondo sbatte la faccia contro un muro o cade da un albero si fa male fisicamente), e questa paura viene gestita dai reni.
La paura dei reni è quella della fuga, è la paura animale di essere mangiati, di essere aggrediti, uccisi, che si tratti di un serpente, un drago o qualsiasi altra forma di vita non importa, essa è la prima paura fondamentale del corpo fisico, quella su cui si lavora in questo seminario. E questa trascina con sé tutta un’altra serie di paure che sono paure di emozioni, paure di ricordi, che sono però di tipo secondario.
L’inibizione dell’azione di Henry laborit
Se la paura viene protratta a lungo, se lo stimolo negativo viene continuato per molto tempo otteniamo come risultato un processo che si chiama di “inibizione dell’azione”,, scoperto dall’amico Henry laborit, uno dei neurofisiologi più stimati a livello internazionale e membro del comitato scientifico di Cyber. Laborit scoprì che un topino messo in una gabbia contenente due griglie di cui una viene elettrizzata, salta dall’altra parte e ogni volta che si accende una luce rossa il topo impara a saltare per evitare il dolore fisico. Gli scienziati hanno sperimentato, con crudeltà, che dando elettricità a tutto il fondo della gabbia il topo saltava continuamente di qua e di là, trovava ovunque elettricità, soffriva, e ad un certo punto si bloccava, si gettava in un angolo e poi non agiva più: questa fenomeno si chiama “inibizione dell’azione”.
L’inibizione dell’azione accade tutte le volte che qualcuno ci fa uno sgarbo qualsiasi, un’ ingiuria sia fisica che verbale, e noi non siamo capaci di reagire. Qualsiasi cosa che non riusciamo a fare diventa una piccola inibizione. L’inibizione dell’azione è sempre data alla base da una paura del dolore o, primariamente, da un dolore; il dolore poi crea mentalmente la paura del dolore e quindi a quel punto è sufficiente la minaccia, e qui andiamo ad inoltrarci nei corpi più sottili.
La base di questo processo è quindi il dolore fisico e poi è “guarda che ti picchio!”, e allora uno sta bravo; poi non è più neanche necessario dire “guarda che ti picchio!”, è sufficiente che il bambino o la bambina si trovino davanti ad una autorità e di colpo si verifica, ad un livello molto profondo, l’inibizione dell’azione.
La rottura del tabù legato alla paura
L’inibizione dell’azione diventa da adulti una sorta di tabù, il tabù è quella struttura per cui noi non possiamo fare una cosa perché è vietato, è proibito. Ma se qualcuno infrange un tabù, una regola negativa, scopre improvvisamente la libertà, quella del libero pensiero. E quando una persona scopre questa libertà diventa libera, questa libertà vale tutto l’oro del mondo, vale anche il rischio di morire: Gesù, Giordano Bruno, Pitagora sono morti per questa libertà, tanti pensatori illuminati sono morti per questa libertà, per la libertà del pensiero, del cuore, di essere quello che si è. Assaporare questa libertà ci rende liberi: se si ha paura a fare una cosa, quando per la prima volta si riesce a superare questo blocco ci si trova allora a vivere il momento più difficile, occorre infatti tantissima energia per superare e rompere la struttura mentale che da tempo ci imprigiona. Una volta rotta la struttura mentale il più è fatto, e la situazione anche se ancora difficile, si presenta però risolvibile. Dopo il primo sblocco della paura infatti poi le paure scemano, si rompono, si sciolgono velocemente, anche se a volte velocemente vuole dire anni, ma comunque non si ha più di fronte come orizzonte una vita di totale chiusura.
Il gruppo, che è l’ambito di relazioni in cui ci troviamo a lavorare, funziona in una maniera molto semplice, come una famiglia allargata, e così come nella propria famiglia si è stati condizionati da un certo tipo di paura, di inibizione, in questo contesto, se riusciamo a creare tra di noi un’energia di amicizia, di solidarietà, di affetto, di sentirci partecipi di un momento che ci accomuna, di una piccola avventura, noi abbiamo l’opportunità di rivivere i nostri condizionamenti e di superarli proprio con l’appoggio del gruppo, e questa breve avventura che condividiamo può diventare importantissima.
La totalità dell’intenzione
Se infatti ogni persona che è qui in questo momento, decide di giocare totalmente le sue carte in questi seminari, di non trattenersi, l’intero gruppo inizierà a girare come una trottola e l’energia collettiva comincerà a salire e a crescere; difatti ogni volta che si ha a disposizione un’energia di base che ci sostiene si fa molta meno fatica a superare un problema. Pensate quanta fatica fate ad essere spontanei a casa vostra, per es. vi viene voglia di cantare, e se ci sono i vostri genitori non cantate, o magari vi viene voglia di fare del sesso e assolutamente non lo potete fare, vi viene voglia di portare certi amici in casa, vi state divertendo, improvvisamente entrano i vostri genitori e l’energia così si raffredda, vi chiedete cosa staranno pensando, e diventate in questo modo non spontanei, artificiali: questi sono solo esempi di come un’energia possa essere bloccante. Provate invece a pensare in questo contesto che siete in una famiglia allargata dove tutte le persone presenti stanno giocando a vostro favore, stanno giocando insieme. E’ una partita che possiamo vincere solo se la giochiamo collettivamente, se non siamo divisi, se tutti giochiamo forte tutti possiamo vincere, quello che dobbiamo superare è comunque qualcosa che è dentro di noi.
Si fa una grande fatica a creare un gruppo, lo spirito del gruppo è una cosa difficile da costituire, noi lo chiamiamo “Buddhafield”; il “Buddhafield” è un’energia circolare, luminosa per cui le persone si sentono tutte parte di un insieme e anche se poi non ci si incontrerà più nella vita, non importa, adesso siamo qua per vivere con totalità il presente. E se questa energia sale e si stabilizza tutti i processi che si innesteranno per superare certe paure diventeranno più facili da affrontare, accadranno più facilmente, non solo quelli negativi ovviamente, anche quelli positivi.
Il lavoro sul negativo – reintegrare l’ombra
Il lavoro sul negativo è quello più importante, quello iniziale; vorrei quindi che tutte le persone fossero estremamente attente al gruppo per non creare un’energia di frattura al suo interno. Quando il gruppo si forma infatti è come una famiglia, e quando qualcuno se ne va è una presenza in meno e l’energia per un attimo si abbassa; ed è importante capire fin dall’inizio chi c’è e chi non c’è, chi è disposto a continuare fino alla fine, affrontando anche tutti i momenti più difficili, momenti in cui qualcuno penserà che quello che deve affrontare per lui è troppo, e ci sarà invece un gruppo che lo sostiene, perchè c’è un legame di cuore che lo lega ad esso; se invece il gruppo è pieno di persone indecise non potrà funzionare, perchè l’acqua non può bollire se non si arriva a cento gradi.
Dal punto di vista umano, riguardo ai valori della società in cui viviamo, noi elaboriamo una grande quantità di concetti, e quindi di giudizi, di pregio o di demerito, mentre nel gruppo di lavoro questi parametri non devono esistere; per es. può esserci una persona che non riesce a combinare niente nella vita ma che ad un livello interiore spirituale ha realizzato tantissimo perchè possiede un cuore puro, uno spirito molto integro.
Ci sono migliaia di persone che vengono eliminate dalla società perchè hanno un cuore puro al posto di quella cattiveria, quella strategia, che la società continua invece a sostenere. Io sto dalla parte di questi che vengono eliminati – i quali se possiedono oltre alla bellezza dell’anima anche delle qualità che li possano poi aiutare nella vita, ciò costituirà un vantaggio per loro e per la società, ma non è qui il punto più importante – perchè in questo momento noi siamo qua come selvaggi, come esseri umani liberi, che devono recuperare la loro natura di animali pensanti autocoscienti. E quello che ci interessa di realizzare qua è trovare noi stessi, non realizzare dei pregi e delle virtù che ci facciano comodo nella società.
Tutti noi nella vita ci siamo fatti sicuramente tanti problemi del tipo “non sono all’altezza” ecc. ma tutto questo non ha una realtà, le persone che hanno dei punti deboli, delle storie di debolezza che hanno ovviamente nascosto con una corazza di protezione per paura di soffrire troppo, quindi le persone più bloccate, sono proprio le più sensibili, a volte sono quelle che hanno un cuore più tenero, che è un grande valore spirituale. Allora non importa quanto avrete successo in una tecnica o in una meditazione ecc., la cosa importante invece è che voi ve la giochiate bene, che siate consapevoli che qualsiasi cosa state facendo la state facendo con totalità, e va bene così. Io non ho aspettative particolari su di voi, l’unica che ho è la vostra totalità, quello sì. Ognuno di noi in questo momento può decidere “io me la posso giocare al 100%” oppure può tentennare e tirare indietro le sue energie per paura, sacrificando però in questo modo una grande opportunità di trasformazione.
Scegliere di vivere senza dolore
Dove nel nostro corpo c’è dolore, lì si è verificato un blocco di energia. La cosa importante da comprendere è che un blocco può essere sciolto a qualsiasi età perché non è necessario vivere con dolore. Vivere senza dolore è una scelta reale, possibile e consapevole. Come prima cosa si può massaggiare profondamente con energia amorevole la zona del corpo interessata e scioglierla, e già con questo si può risolvere una consistente percentuale dei problemi, poi i problemi rimangono sul piano emozionale ma perlomeno non si hanno malattie fisiche.
Il percorso dei chakra è semplice e naturale perché l’energia-informazione deve naturalmente salire dal primo fino al settimo, per poi ridiscendere. Se si verifica un’inibizione delle energie-informazioni, queste stagnano sul terzo centro, a malapena riescono ad arrivare al cuore, si fermano sulla gola (punto di accesso della paura), su cui la paura agisce causando il blocco: globalmente le energie non possono più scorrere.
Quando una persona è in piena attività energetica, come durante un Reberthing, se c’è una zona bloccata, e questa spessissimo è il terzo chakra o il cuore, e si va a stimolare quel punto esercitando una piccola pressione, la persona urla perchè sente veramente molto male, e ci si rende conto proprio in questo caso del concetto di inibizione dell’azione: quando cioè una persona vi fa male e voi non gridate; l’energia del pensiero qui infatti è bloccata e voi non potete reagire né con la voce né con l’azione (Pensiero-Parola-Azione = la triplice energia di manifestazione). Oggi questo processo l’abbiamo denominato “inibizione dell’azione”.
Quindi reagire è importante per interrompere la catena del subire che rientra nello schema gerarchico della legge del padre: il comandamento di non ribellarsi al padre e alla madre. Se la persona reagisce al dolore rimette in moto quell’energia bloccata che si chiama appunto dolore, e facendola circolare nuovamente nell’organismo la libera in grande quantità (ma alcune persone purtroppo non vogliono proprio reagire, neanche al dolore).
Inguine, gonadi e ano: aggressività e repressione
L’inguine è una zona a cavallo tra il primo e il secondo chakra, e viene quindi bloccato sia a causa dei blocchi di primo chakra sia di quelli di secondo chakra. Le gonadi, ovaie per le donne e testicoli per gli uomini, sono in realtà esattamente lo stesso organo: all’inizio, come feti nella pancia della mamma, abbiamo infatti tutti e due gli organi (del Wolf del Muller) e questa struttura viene poi rinforzata da un ormone o dall’altro ormone, da quello maschile o da quello femminile, e uno si atrofizza mentre l’altro cresce diventando ovaia e utero oppure testicoli. Questa energia è primaria, viene considerata di secondo chakra in quanto è creatrice di ormoni sessuali, ma proprio le “palle” come energia che hanno anche le donne – le madri per es. hanno tantissime “palle”, quelle che non le hanno non hanno l’energia della sopravvivenza e allora non difendono neanche i figli – è sempre energia di primo chakra (come l’aggressività).
Quando vogliamo attivare la base comune tra primo e secondo chakra andiamo a lavorare sui testicoli, e l’asse zona anale-reni-testicoli è fondamentale per capire il meccanismo della paura e dell’aggressività. La stessa zona funziona anche con ormoni di tipo più femminile rappresentando così il classico secondo chakra, e i reni e gli organi sessuali vengono in questo modo a costituire il cosiddetto “triangolo del piacere”.
Tutto il lavoro sulla paura ha tantissimo a che fare quindi con l’aggressività, le “palle”; in realtà questo tipo di aggressività è indotto principalmente dai reni, viene dalla parte yang dei reni, quella ancestrale, e purtroppo tutte le volte che una persona è stata molto inibita, facendole del male non reagisce, perlomeno con una risposta adatta.
Una delle scoperte più efficaci nell’ambito della guarigione psicoenergetica è che se si usa su una persona per gioco un’energia di rabbia e la si fa circolare negli organi suoi propri, per es. facendo tirare calci, pugni ecc., questa energia nel giro di un po’ di tempo se gli si dà sufficiente calore prende proprio la mano e diventa vera arrabbiatura. Questo è il significato di tutta la bioenergetica, che è quello di creare una situazione in cui si attiva un comportamento in una persona all’inizio come se fosse un attore, e in seguito questa apertura del circuito, dandogli sempre più energia, fa scattare il meccanismo vero e proprio sottostante al problema che permette di entrare nella catarsi.
Tre cervelli e tre livelli di inibizione e sblocco
Noi abbiamo il corpo, la parte emozionale e la parte mentale ripartiti esattamente come i tre cervelli: il cervello inferiore rettile che è quello più bloccato, più inibito, poi il livello medio del cervello che è quello delle emozioni, che è parecchio inibito anche lui, e infine la mente che funziona da Super Io sociale e che li blocca tutti e due.
La respirazione è un metodo per far perdere alla testa il controllo dittatoriale inibitorio che essa possiede sul corpo. Respirando troppo poco questa disinibizione non riesce a prendere luogo, allora o si respira di più o si respira in maniera diversa, bisogna infatti aprire i polmoni, “entrarci dentro”, e lasciandosi così andare le energie possono finalmente liberarsi. Quando il Reberthing funziona veramente tutto il corpo è aperto, dall’alto in basso, diventa una canna d’organo e l’aria lo attraversa completamente. In questa situazione si sperimenta il livello più vero che si può raggiungere con questa tecnica, quello transpersonale, sacro, perché qui si ha la sensazione di essere uniti al tutto.
Una delle meditazioni più adatte alle persone che hanno una mente troppo sviluppata, che blocca quindi le situazioni con il pensiero, è quella di muovere la testa, di fare un tipo di respirazione che mandi l’organismo in un sistema di attività più ritmico, che faccia perdere il senso dello spazio e del tempo, il senso della scissione tra testa e corpo, una respirazione che faccia “entrare” in una dimensione diversa le energie che riescono a superare così le barriere/coordinate di riferimento consuete (a volte infatti i movimenti ritmici ripetitivi diventano ipnotici e tirano fuori le nostre potenzialità più profonde).
Ci sono delle situazioni in cui, quando una serie di emozioni si sblocca, tutta l’energia arriva agli occhi poichè gli occhi rappresentano una funzione di potere. Quando si inibisce il proprio potere infatti si ha come effetto immediato il non poter guardare negli occhi o in faccia una persona, perchè con gli occhi si può comandare e far valere la propria energia. Così che se c’è stata una figura troppo autoritaria nella propria vita che ha inibito questo processo sugli occhi allora qui si può venire a creare un blocco consistente.
Durante la gravidanza fare l’amore in una maniera un po’ maschile, meccanica, per il bambino dentro la pancia della mamma è una violenza, e questa impressione di violenza può tornare come vissuto durante il Reberthing. A volte un Reberthing basta per tutta la vita, se è “totale”, a volte invece se non siamo stati totali durante la tecnica che abbiamo utilizzato per un problema per es. di soffocamento, una volta che ci si è liberati di quella sensazione si vive molto meglio magari per qualche anno, ma ci si accorge poi in realtà che quel blocco era andato molto più in profondità, e che non aveva causato solo la paura di morire in quel momento, bensì un’angoscia molto più profonda, così che lavorando poi sulla stessa paura, questa si può risciogliere in maniera più duratura.
E’ importante capire che quando abbiamo la sensazione di non essere identificati con il nostro corpo, ma siamo comunque nel nostro corpo, questo comincia a funzionare bene, e noi cominciamo a sentirlo, anche se siamo, paradossalmente, in qualche modo staccati da lui.
Staccarsi dalle emozioni, staccarsi dal mondo, non significa comunque non sentire più le emozioni, che si percepiscono anzi con maggiore intensità, in questo stato infatti si è più nel mondo, poiché manca l’identificazione. Quando si è nel proprio centro le energie sono più lontane dal corpo, ma sono anche più in profondità, ed è così più facile conoscersi poiché si ha attenzione verso l’origine della propria coscienza.
Lavoreremo sul primo chakra finché non raggiungeremo il terzo, che è il più teso del corpo (viene mal di stomaco infatti se non si riesce a scaricare l’aggressività o la voce). Analizziamo ora un comportamento abbastanza comune che riguarda il tema della sopportazione del dolore.
I limiti dell’inibizione nel bambino
I “bravi” bambini che hanno un atteggiamento molto comprensivo verso i loro genitori, amano i genitori e non possono agire diversamente che amandoli, hanno un grosso bagaglio di sofferenza che non riescono ad esprimere e che rigirano così su loro stessi: questo è un comportamento classico, un lato femminile, quindi più comune nelle donne, che però anche gli uomini hanno, tanti uomini infatti in certe situazioni rigirano contro loro stessi le energie attuando un meccanismo perverso, è come se la vittima di un carnefice se la prendesse con sé stessa perché è vittima, e qui all’ingiuria esterna si aggiunge quella personale. In realtà non esiste violenza contro sé stessi, e tutte le volte che vi trovate in una certa situazione e ve la prendete con voi stessi, evitate in realtà di prendervela contro qualcuno verso cui dovreste invece reagire, e non solo si attua qui un atto di autolesionismo, ma anche un atto di mancata chiarezza, poiché avete paura ad esprimere direttamente la vostra aggressività verso l’esterno, e questo può essere di fondo anche un buon sentimento, ma comunque rimane perverso. Di nuovo, il cane è amico fino al momento in cui non gli faccio del male, ma nel momento in cui gli faccio del male reagisce anche se sono cent’anni che è il mio cane.
Noi uomini riusciamo a sopportare un dolore che ci viene dall’esterno oltre misura, e lo rigiriamo su noi stessi facendolo diventare così una matrice di autolesionismo che non ha fine. Ci sono dei tipi di comportamento che hanno una loro validità, che hanno una loro intelligenza, mentre questo proprio non ne ha, è un falso comportamento, è un falso pensiero quello di autogiudicarsi, di autoferirsi, è un pensiero ricorsivo, del tipo “io mi autopunisco perchè non sono degna, non valgo”. Bisogna mettere invece in questi casi in moto il primo e il terzo chakra insieme, cioè i reni, e l’emozione e la reazione devono riuscire a liberarsi e uscire.
Si deve “reagire”; entriamo con questo discorso in un momento critico riguardo a queste considerazioni, la nostra cultura infatti è basata su principi religiosi e su un codice millenario: “onora il padre e la madre”. Un comandamento siffatto significa semplicemente che i genitori devono condurre una vita che sia onorabile, agire in modo tale che i figli li onorino, questo sarebbe un codice positivo: se si dice infatti ad un bambino “onora il padre e la madre” significa che questi genitori sono disonorevoli, sono persone in qualche parte del loro carattere odiose, e gli si dice quindi di non odiarli e questo significa che il bambino nella realtà già disonora il padre e la madre (se così non fosse sarebbe inutile il comandamento). Nessun bambino spontaneamente odia il padre e la madre, bensì ad un comportamento disonorevole e violento i bambini giustamente reagiscono. Però il nostro codice ci dice di non reagire, prima ancora con Dio, “non fare niente contro il tuo unico Dio”, poi c’è la trasmissione del comandamento da Dio al padre di famiglia come linea discendente maschile (padre-figlio), e insieme al padre anche la madre e quindi abbiamo il triangolo; e con questo rispetto dovuto, dobbiamo inibire il nostro senso di violenza, di reazione, e così facendo entriamo nel processo di inibizione dell’azione.
La radice dell’albero neuropsichico della coscienza
Qui all’Accademia siamo in una situazione virtuale e artificiale in cui è possibile fare uscire tutta la parte di intenzionalità mai esplicata, soppressa, che giace dentro di noi e che non si è potuta tirare fuori durante la vita. La cosa importante è separare i genitori dalla proiezione che noi abbiamo sui genitori, il fatto che li riguarda è infatti comunque affare nostro, per cui confrontandosi con esso possiamo liberare una grande quantità di violenza, e questo permette di sciogliere il meccanismo di inibizione.
Già sul primo chakra emerge la figura del padre, che in realtà appartiene al terzo chakra, ma primo e terzo chakra sono molto legati tra loro come già abbiamo avuto modo di vedere, lo spirito di sopravvivenza infatti, la nostra forza e i reni, che sono un organo di terzo chakra, sono molto interconnessi.Quando dobbiamo tirare fuori la nostra rabbia è la parte maschile che dobbiamo fare emergere, e quindi la figura a cui fare riferimento diventa il padre più che la madre, a meno che la madre non sia stata un “generale” e allora in questo caso è lei la figura di riferimento.
Il primo chakra è proprio il punto di entrata dell’energia. E’ l’origine delle energie, lo hanno chiamato per questo motivo il “chakra della radice”.
E’ la radice dell’albero della coscienza, e la radice nel nostro universo è proprio l’inizio, il big bang, il centro incandescente del pianeta, il chakra che dà origine al corpo fisico, a tutte le energie materiali, chimiche del nostro corpo; se il primo chakra non ci fosse noi non avremmo corpo, non saremmo vivi, per una corretta incarnazione quindi è fondamentale vivere con pienezza nel primo centro. E’ il punto massimo di creatività dentro di noi, e dato che la nostra società ha una bassissima attinenza con la creatività il primo chakra di solito è chiuso.
I bambini già in tenera età cominciano a non avere più il chakra aperto e luminoso, ma ad averlo chiuso, scuro, fumoso, e tutti i blocchi che di conseguenza si creano si riflettono poi sul corpo, blocchi o delle anche o delle ginocchia, sopra e sotto le ginocchia, dei polpacci o delle caviglie. Provate a sentire nel vostro corpo questo passaggio dal primo chakra alle gambe, e verificate se c’è un blocco: dove non c’è contatto si evidenzia una zona morta, più opaca, che è semplicemente un arresto del flusso delle energie.
La zona del primo chakra governa tutta la colonna vertebrale e ha una serie di punti di riferimento sulla zona alta, come per esempio i muscoli della nuca e quelli delle prime cervicali, bloccati se c’è un blocco al primo chakra.
Il settimo chakra, il polo opposto al primo, è anch’esso un punto di riferimento fondamentale; il primo e il settimo chakra, il sotto e il sopra, allineati formano l’asse, l’asse centrale su cui ruota tutto il nostro essere. Per sciogliere bene la zona del primo chakra spesso bisogna sciogliere le cervicali. Oppure sciogliendo i muscoli dell’ano anche la nuca si scioglie, e acquista così un certo tipo di mobilità.
Il primo chakra è un punto energetico e se noi tiriamo bene avanti i piedi sentiamo tutti i canali dietro la gamba che si tendono, e la tensione sale fino alla nuca su per la schiena, e poi svanisce dopo un minimo di esercizio quando i nervi si rilassano e si allungano.
Il primo chakra teso significa un corpo fisico teso, significa che i nervi che gestiscono questo tipo di energia che scende nel corpo sono molto governati dall’alto, molto tendenti ad alzare l’energia e il corpo così rimane in tensione; i canali che abbiamo nella parte posteriore del corpo nascono dalla testa, scendono posteriormente sdoppiandosi ai lati della colonna vertebrale, e si riuniscono dietro il ginocchio arrivando sino al piede. Quindi questo canale dalla testa fino ai piedi è un canale discendente; il canale yang che scende è quello che ora ci interessa di più, è quello di vescica urinaria, che appunto è un canale di reni, di rene esterno per la precisione. Abbiamo allora il canale di rene discendente che è quello di vescica urinaria, e quello ascendente che dal piede ritorna al petto.
Il canale discendente dell’energia abbiamo detto passa dai reni, e ha una fortissima connessione con il primo chakra, e tutte le volte che siamo rilassati nel primo chakra, che significa essere rilassati nel corpo fisico, ci sentiamo nel corpo, e qualsiasi attività stiamo facendo come lavorare, mangiare, defecare ecc. la sentiamo con rilassatezza, perchè tutto avviene in maniera distesa vivendo in questo modo nel corpo.
E in questo esserci nel corpo noi attiviamo il primo chakra, che rappresenta proprio l’organismo a livello istintivo.
Il primo chakra è quello più vivo in tutti gli animali, che di solito lo possiedono bello, aperto, di colore normalmente scarlatto, luminoso, e questo vale anche per i bambini, che infatti si muovono sempre; i bambini che appena vengono inibiti nel comportamento, nelle gambe, nel muoversi, si irrigidiscono e chiudono questo centro. Per riaprirlo sono di grande aiuto la prima fase della Meditazione Dinamica (quella caotica), le danze scatenate, il sesso scatenato, tutte attività che danno grande vitalità al primo chakra.
La paura del padre, il controllo e l’inibizione della spontaneità (asse ano-nuca)
I disturbi di primo chakra statisticamente più comuni tra gli uomini in Occidente sono impotenza ed eiaculazione precoce (si arriva ad una percentuale del 80%). Questo avviene perché l’asse yang nel nostro corpo non è mai rilassato, noi tratteniamo lo yang, che rimane in questo modo teso, governato dalla testa (che non è yang), perchè la testa è un pensiero, non è l’attività calda della vita. Quindi si crea una polarità energetica assolutamente scorretta, che si manifesta con il blocco della nuca, il “controllore”, e un corrispondente blocco del primo chakra; così l’intero corpo rimane controllato e il primo chakra come se fosse ingabbiato.
Per governare un cavallo selvaggio, e tale è il primo chakra quando si può esprimere in libertà, bisogna tenere le briglie strette, bisogna contenere la sua potente energia vitale; l’inibizione che esercitiamo sul primo chakra la possiamo allora verificare provando a sentire le “corde” tese e indurite che abbiamo dietro nelle gambe.
Riaprire il primo chakra significa iniziare l’evoluzione, se vogliamo evolverci dobbiamo infatti avere il motore per farlo, essendo l’evoluzione di tutta la creazione prodotta in prima istanza proprio da questo chakra, che è la bestia viva, il vulcano, il centro della terra, il big bang, l’inizio delle energie. Poi le energie diventano più complesse, articolate, ma la base iniziale e dirompente di queste rimane fondamentale.
C’è un passo del “Tao Te Ching” dove si parla proprio del cavallo imbrigliato, ed in particolare di una persona che era stimata perché riusciva ad imbrigliare i cavalli, e questa è la normale visione umana, cioè “ho un valore perché ho educato mio figlio ad essere bravo, non sgarra mai”, mentre in realtà gli ho solo in questo modo bloccato il primo chakra.
Tutta l’educazione più formale, inglese, bacchettona va come prima cosa a bloccare il primo chakra, così che il corpo del bambino viene tenuto sotto controllo dai genitori che agiscono attraverso il Super Io del figlio bloccandogli appunto questa zona. Il risultato che in questo modo si raggiunge è che una volta che il bambino è stato inibito non è più un selvaggio e quindi con lui si può ragionare, ed è per questo motivo che, se vogliamo ritornare alla nostra vera natura, dobbiamo ritornare a quella identità selvaggia che giace nascosta ancora in noi.
Il libro “Papalagi” descrive nella maniera più chiara la connessione tra primo e settimo chakra, in questo racconto infatti la sacralità della vita materiale è un vissuto di tutti i giorni.
Papalagi nel linguaggio delle isole Samoa significa uomo bianco, e la storia racconta di un capo indiano che visita l’ Europa e vede come vivono gli uomini bianchi agli inizi del secolo, e che al ritorno dal suo viaggio raduna i capi delle tribù e racconta loro tutte le negatività che ha visto durante la sua permanenza nel vecchio continente, descrive l’abbruttimento della civiltà degli uomini bianchi, fa un elenco delle cose orribili di cui è stato testimone, di come l’uomo non viva più in contatto con il suo corpo, con il sesso, con la bellezza, con la natura; e come quindi non abbia più gioia, non abbia più sacralità, tempo, l’uomo bianco non ha più tempo per niente, non possiede più il valore autentico delle cose, possiede solo quello economico.
Dal primo chakra infatti tutto gli si è spostato nella testa, ed è la testa che vuole governare e capire l’universo, e questa condizione rappresenta una vera alienazione dal corpo. L’origine della vera schizofrenia è infatti l’abbandono del primo chakra, così che quando ritorniamo in questo centro ritorniamo nel contatto violento con la realtà, violento in senso buono, come può esserlo un bambino, un uragano, come è violenta la natura.
Moltissimi riti di iniziazione avevano a che fare con la Terra, il corpo rinasceva infatti dalla terra, prendeva forza dalla terra, perchè il contatto con Lei per tutte le creature di questo mondo è vitale, tanto che ogni forma di alienazione che purtroppo osserviamo sul nostro pianeta, come l’inquinamento e la distruzione ecologica, corrisponde alle devastazioni che abbiamo innanzitutto sul primo chakra; cioè il mondo fisico è devastato perchè noi abbiamo un primo chakra devastato, ed è per questo motivo che dobbiamo ricominciare a considerare la bellezza del cavallo selvaggio, degli alberi selvaggi che crescono intorno a noi spontaneamente, così come sono.
L’inversione dell’aggressività: perversione e autolesionismo
Quando le energie del primo chakra non sono vive e istintive, il giusto sbocco di queste verso l’esterno viene impedito ed esse si ripiegano al proprio interno. Questo causa perversione sessuale e autolesionismo fisico e psicologico.
Un segno zodiacale chiarificatore in questo contesto è quello dello scorpione, un segno profondo con una forte energia sessuale che può esplodere al di fuori, ma che se incontra degli ostacoli ritorna su sé stessa, e quando il primo chakra viene ritorto su se stesso diventa potenzialmente distruttivo; invece di godersi la realtà la persona cerca infatti soddisfazione attraverso dei surrogati, invece di scaricarsi su qualcuno quando il caso lo richiede si rinchiude in una gabbia dorata, invece di ribellarsi al momento opportuno, tanto per fare un es., si fa venire l’ulcera.
Gurdjieff diceva che la radice, il “kunda”, nell’essere umano era stata volutamente ritorta, invertita (come si legge nel suo libro “Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote”). Belzebù è un grande spirito che era stato esiliato dal centro della galassia perché aveva cercato di rompere l’equilibrio delle gerarchie celesti, e allora per punizione era stato mandato per qualche eone di tempo a governare quella piccola galassia periferica che è il sistema solare; con lui c’è anche suo nipote al quale mostra da un pianeta all’altro cosa succede nella galassia, e gli descrive questi “lumaconi”, così chiama gli esseri umani perché hanno il “kundabuffer” rovesciato – quell’organo della realtà, della naturalezza che essendo rovesciato porta l’essere umano a rovesciare tutta la sua intelligenza – spiegandogli come il comportamento umano sia capovolto in modo erroneo proprio nella sua essenza, per cui se una persona non ha amore dentro di sé, lo va a cercare all’esterno, se una persona sente il vuoto interiore ricerca la compagnia degli altri.
I grandi Maestri escogitavano addirittura strutture da koan per dimostrare come gli uomini continuassero a cercare la loro soddisfazione fuori mentre l’avevano dentro: gli esseri umani continuano a rovesciare le cose.
Se noi riusciamo ad entrare in contatto con questo primo centro che è connesso con il punto di reni che è proprio al centro della pianta del piede, abbiamo il radicamento nella realtà, cominciamo a sentire la Terra, ci sentiamo parte della terra; è la “Kundalini”, l’energia calda, vitale, dormiente nel primo chakra, che è esattamente l’ologramma del centro della terra, quel centro caldo che dà vita al nostro pianeta, nucleo fuso di magma incandescente che ribolle al suo interno. E quando ci immergiamo veramente nel primo chakra torniamo finalmente in contatto con la terra, ed è allora che l’energia può di nuovo cominciare a salire.
I due centri piccoli che stanno alla base della nuca in una posizione laterale sono abbastanza importanti, li avvertiamo spesso quando fa freddo, venivano chiamati appunto punti “vento”, ma il punto che qui ci interessa di più e che è attivo sul primo chakra è l’alta maggiore che sta appena dentro la testa. Proviamo ora a sentire questo punto proprio all’entrata del cranio e in corrispondenza di esso il primo chakra, tutta la colonna vertebrale…..CONTINUA
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